La Necropoli di Anghelu Ruju è uno dei siti archeologici più importanti della Sardegna poiché possiede uno dei più vasti e antichi complessi di grotte artificiali, utilizzate da differenti culture dal 4200 al 1800 a.C. circa.
Scoperta casualmente nel 1903 ed esplorata in successive campagne di scavo fino al 1967, la necropoli comprende 38 domus de janas situate in prossimità di un torrente, il Rio Filibertu. La roccia, arenaria calcarea, facilitò l’escavazione delle tombe, per mezzo di picconi litici rudimentali, ma ne limitò uno sviluppo regolare specialmente in altezza.
Tali tombe sono di due tipi:
- a pozzetto (più antiche) con planimetrie irregolari;
- a corridoio (più recenti) normalmente disposte a T o a raggiera.
L’architettura delle tombe è spesso arricchita di dettagli ispirati alle case dei vivi (gradini, pilastri, cornici, finte architravi, false porte, false finestre, ecc.), di corna taurine, incisioni e rilievi nei vani più ampi, probabilmente desinati alle cerimonie funebri.
I reperti rinvenuti hanno restituito materiali archeologici della Cultura di Ozieri (4200 – 3400 a.C.) che ne attestano i primi momenti d’uso; successivamente molti sepolcri vennero riutilizzati lungo l’intero arco dell’Eneolitico (3600 – 2100 a.C.). Le domus de janas, sigillate all’esterno con chiusini litici, hanno rivelato sepolture collettive di individui deposti soprattutto in posizione supina; non mancano però deposizioni secondarie (resti di scheletri scarnificati), esempi di corpi in posizione fetale o rannichiata e rari casi di semi-cremazione.
I morti venivano sepolti con gli oggetti utili e cari in vita, ornamenti in pietra e conchiglia, vasi, armi litiche o in bronzo e idoli femminili. Inoltre sono stati ritrovati resti che testimoniano l’uso di consumare pasti funebri all’interno delle celle e presso gli ingressi.